La Mole Antonelliana è un edificio di Torino, situato nel centro storico, simbolo della città e uno dei simboli d’Italia.
Il nome deriva dal fatto che, in passato, fu la costruzione in muratura più alta d’Europa, mentre il suo aggettivo deriva dall’architetto che la concepì, Alessandro Antonelli. Tuttavia, nel corso del XX secolo, subì importanti ristrutturazioni con cemento armato e travi di acciaio, per cui essa non può più considerarsi una struttura esclusivamente in muratura.
Con un’altezza di 167,5 metri, per anni fu l’edificio più alto di Torino, ma oggi, dopo la costruzione di altre due moderne torri, resta l’edificio più alto del solo profilo centrale urbano della città.
Oggi, al suo interno ha sede il Museo Nazionale del Cinema, che nel solo anno 2008 è stato visitato da 532.196 persone, risultando così uno dei musei più frequentati.
La massiccia parte inferiore, quella rimasta esclusivamente in muratura, inizia con una base quadrata, con lato lungo 50 metri, di dimensioni maggiori rispetto ai moduli sovrapposti. L’ingresso di tutta la struttura, in Via Montebello, 20, viene evidenziato da un pronao esastilo, che si innalza per circa 30 metri, con colonne in stile architettonico neoclassico, mentre l’austerità dei prospetti del basamento è scandita da pilastri alternati a semicolonne e stemperata da ampie superfici vetrate nel registro superiore. La copertura del pronao invece, altra circa 10 metri, è caratterizzata da falde ripetute su tutti i lati, che si raccordano al modulo centrale suddiviso in due registri; in quello sottostante vi è il loggiato, che presenta 20 colonne per ciascun lato, mentre quello superiore è caratterizzato da vetrate semicircolari. Entrambi i registri riportano vistose cornici marcapiano.
Al di sopra, ad un’altezza che va dai 40 a 80 metri, si eleva la grande cupola, a base quadrata, caratterizzata dalla volta allungata, con pareti convesse in muratura autoportante. Essa forma una sorta di guscio, costituito da pareti perimetrali inconsuetamente sottili (appena 12 cm di spessore), separate tra loro da un’intercapedine di circa 2 metri.
La suddetta cupola è sovrastata da un’altra struttura, alta circa 20 metri, denominata “Tempietto”, che ripropone il tema sottostante del colonnato. Siamo a circa metà altezza dell’intero edificio. Questo Tempietto è raggiungibile mediante un elevatore senza guide fisse (sostituite da spessi cavi d’acciaio che fungono appunto da guide) situato esattamente nel centro dell’atrio sottostante, dando ai visitatori una panoramica interna della cupola a 360 gradi. Sempre di forma quadrata, il Tempietto è sorretto da due ordini esastili per lato ed è disposto su due piani, ma l’accesso ai turisti è consentito soltanto a quello inferiore.
Sopra il Tempietto, si staglia la lunga guglia, costituita dal suo basamento, detto “Lanterna”, alta 18 metri e del diametro di 15 metri, questa volta a base circolare, anch’essa provvista di un terrazzino. Sopra la Lanterna, a partire da una quota di 113 metri, svetta la cuspide della guglia, a base ottagonale e ispirata all’architettura neogotica. Questa ultima parte, oggi inaccessibile ai turisti, è costituita da dieci terrazzini circolari, via via sempre più piccoli: il primo, a 8 colonne, è quello che fa da tetto alla Lanterna (sempre di 15 metri di diametro), da cui parte un altro colonnato simile, leggermente più piccolo, che termina col secondo terrazzino. Ancor più su, una serie di 5 terrazzini più piccoli, questa volta in metallo, del diametro che varia da 10 a 7 metri, quindi un’ultima serie di 3, in cemento armato, del diametro da 6 a 4,5 metri. Per ultima, la stella a 12 punte in cima (diametro di 2,4 metri), raggiungendo così i 167,5 metri di altezza totale di tutto l’edificio.
La Mole fu spesso giudicata un bizzarro tentativo di mediare tra forme neoclassiche e neogotiche, miste alle innovazioni tecnologiche del tempo. Già lo stesso Antonelli sperimentò l’impiego del ferro, sfruttato in tutte le sue potenzialità strutturali, senza però tralasciare il linguaggio architettonico tradizionale. La guglia venne successivamente rinforzata con l’impiego dell’acciaio, in seguito al rovinoso nubifragio del 1953.
Storia
1863-1869: da 47 a 70 metri
Nonostante gli ottimi lavori dell’elegante pronao e della bizzarra cupola a base quadrata in soli sei anni, la scelta di Antonelli come architetto si rivelò presto infelice per la comunità ebraica. Quest’ultimo propose una serie di modifiche in corso, che prevedevano l’innalzamento della costruzione a 113 metri, ovvero ben oltre i 47 metri proposti inizialmente per la sola cupola. Tali modifiche, l’allungamento dei tempi di costruzione e i maggiori costi, risultarono sgraditi alla comunità ebraica che, nel 1869, per mancanza di fondi, fece quindi terminare i lavori con un tetto piatto provvisorio, a circa 70 metri di altezza.
Sin dalla sua costruzione, l’opera soffrì di problemi strutturali, data la dimensione areale relativamente ridotta della base e il notevole peso che doveva sopportare. Il terreno di Via Montebello su cui sorge, fu un antico bastione di mura della città, fatto demolire per ordine di Napoleone Bonaparte all’inizio dell’Ottocento, rendendo quindi il terreno più instabile. Già lo stesso Antonelli, in pieno avanzamento lavori, dovette concepire un intelligente sistema di catene di contenimento, tiranti in ferro e intreccio di archi in mattoni. Si trattava, in pratica, di un significativo rinforzo strutturale ottenuto con accorgimenti tecnici atti a gravare in modo trascurabile sulla struttura.
Nel 1873, la comunità israelita, fortemente delusa da questi problemi e costi aggiuntivi, barattò l’opera con il Comune di Torino, che cedette ad essa un terreno in quartiere San Salvario, dove ora sorge l’attuale sinagoga, e si fece carico dei costi di ultimazione dell’edificio antonelliano (circa 40.000 lire di allora), al fine di dedicarla al re d’Italia Vittorio Emanuele II.
1873-1884: da 70 a 90 metri (il Tempietto)
L’altro vano obiettivo dell’amministrazione comunale fu quello di far terminare i lavori per l’Esposizione generale del 1884. In realtà, nonostante quell’anno i cantieri fossero invece ancora in corso, una piccola mongolfiera “Luis Godard”, partendo dalla vicina Piazza Vittorio, proponeva un viaggio in cima per vedere i lavori da vicino, al modico prezzo di 5 lire. Tuttavia, lo stesso pallone aerostatico, chiamato “Italo”, fu fatalmente distrutto, a terra e senza vittime, da un fulmine il 28 aprile 1888, e sostituito poco tempo dopo dal suo successore il “Nouveau Italo”, come raccontato dalla stampa dell’epoca.
Il cosiddetto “Tempietto”, fu completato soltanto agli inizi del 1885, dando così il via, sul suo tetto, al basamento per l’inizio della guglia, ovvero all’altezza di circa 90 metri. Provvisto di balcone panoramico sulla città a 360 gradi, è a questa altezza che il pubblico, al piano inferiore, ammira il paesaggio torinese.
1885-1887: da 90 a 113 metri (La Lanterna)
Come da suo progetto iniziale, Antonelli decise di finire la Mole con una terminazione pressoché appuntita, provvista di colonnati tra il neogotico e il neoclassico, imitando così un’altra sua precedente opera, la punta della Basilica di San Gaudenzio, simbolo di Novara. Dai 90 metri in su ruppe quindi il tema architettonico a base quadrata, progettando un colonnato in granito a base circolare, chiamato la “Lanterna”, collocato su un basamento a tronco di cono, e raggiungendo così la prevista altezza di 113 metri verso fine del 1885.
Parimenti, l’architetto ideò anche il disegno di una guglia di circa 50 metri sovrastante la Lanterna, di sezione ottagonale, e intervallata da dieci terrazzini circolari, i primi due ancora dotati di colonnato, poi verso l’alto via via sempre più piccoli, e accessibili da una piccola scaletta a zig-zag.
Gli effettivi lavori della guglia iniziarono nel 1886, tuttavia, un terremoto del 23 febbraio 1887, sebbene di lieve entità, rallentò tutti i cantieri, facendo emergere ulteriori problemi strutturali, che fecero apportare continue modifiche durante la fase finale, per consentire al terreno di completare il suo processo di consolidamento sotto carico.
1889: completamento guglia e Genio Alato (Angelo): 167,35 metri
Antonelli lavorò con dedizione alla Mole fino alla sua morte, che avvenne nell’ottobre 1888; diventò leggendaria quella sorta di rudimentale ascensore azionato da una carrucola che portava il quasi novantenne architetto a diverse decine di metri d’altezza, per verificare personalmente lo stato dei lavori.
Nel febbraio dello stesso anno, a pochi mesi dalla sua morte, l’architetto ipotizzò di terminare la guglia con una stella a 5 punte, uno dei simboli d’Italia, ma poi optò per una statua, raffigurante un “Genio Alato”, uno dei simboli di Casa Savoia. Il disegno della statua fu commissionato allo scultore Fumagalli; il Genio, fatto di rame sbalzato e dorato, pesava circa 300 kg, e aveva in una mano una lancia e nell’altra un ramo di palma. Sulla sua testa fu previsto il posizionamento di un globo luminoso elettrico, ma fu invece deciso di mettere una piccola stella a cinque punte sorretta da un’asta. In tal modo, la statua raggiungeva un’altezza totale di 5,46 metri.
Dopo la morte di Antonelli, il completamento della guglia fu curata soprattutto dal figlio Costanzo e dall’allievo Crescentino Caselli che, in quello stesso periodo, si stavano occupando anche del consolidamento del campanile della Chiesa di Santo Stefano a Venezia. La guglia fu terminata nei primi mesi del 1889, a circa 161,90 metri di altezza. Con la posa finale del “Genio Alato” il 10 aprile dello stesso anno, l’edificio raggiunse un’altezza complessiva di 167,35 metri, quota, all’epoca, mai raggiunta da qualsiasi costruzione in muratura d’Europa e del mondo e, per tal motivo, fu soprannominata Mole.
Perse tale primato nel 1953, quando la guglia originaria crollò, e fu quindi rifatta in cemento armato, pertanto l’allora titolo di costruzione in muratura più alta d’Europa passò al campanile della Cattedrale di Ulma, in Germania (161,53 metri) mentre del mondo passò al Philadelphia City Hall (162,85 metri).
Lo stesso giorno 10 aprile 1889, vi fu anche una solenne cerimonia di inaugurazione e accesso al pubblico, tuttavia i torinesi scambiarono erroneamente e sistematicamente la statua del “Genio Alato” in cima con quella di un angelo.
11 agosto 1904: la caduta del Genio Alato
La statua del Genio Alato collocata sulla punta, venne abbattuta durante un nubifragio, probabilmente da un fulmine, il giorno 11 agosto 1904 (intorno alle ore 18.15), rimanendo però prodigiosamente in bilico sul terrazzino sottostante, malgrado i suoi tre quintali di peso; la statua fu conservata all’interno della Mole e viene, ancor oggi, erroneamente scambiata per un angelo.
1906: la stella a 5 punte (167,35 metri)
Al posto del genio, agli inizi del 1906 fu posta una stella a cinque punte, di forma simile a quella originale sulla testa del genio, in rame di circa 4 metri di diametro, ad opera dell’ingegner Ernesto Ghiotti, l’allora capo dei lavori pubblici del Comune di Torino. La Mole tornò così a un’altezza di 167,35 metri. L’architetto Annibale Rigotti decorò gli interni dell’edificio tra il 1905 e il 1908. Fu anche una delle prime costruzioni ad essere illuminata di notte, all’epoca attraverso lampade a gas. Il 18 ottobre 1908, la Mole divenne sede del Museo del Risorgimento.
Poi, a partire dal 1931, e nel corso dei successivi anni, fu necessario predisporre possenti rinforzi in calcestruzzo armato a tutto l’edificio, su progetto degli ingegneri Pozzo, Giberti e Albenga, per sorreggere in sicurezza tutta la volta. La nuova struttura coprì, per buona parte, l’originale muro in mattoni e le varie decorazioni.
Una volta trasferito il Museo del Risorgimento a Palazzo Carignano nel 1938, la Mole fu usata solo come sede di mostre estemporanee. Durante la seconda guerra mondiale, l’edificio scampò miracolosamente ai danni dei bombardamenti, specialmente quelli del 6 dicembre 1942, che colpirono molti obiettivi militari nella vicina via Verdi, e distrussero l’antistante Teatro di Torino, allora sede dell’ Auditorium dell’EIAR.
23 maggio 1953: la guglia spezzata
Il 23 maggio 1953, alle ore 19:25, un altro violentissimo nubifragio, verosimilmente una tromba d’aria, fece spezzare e precipitare ben 47 metri della guglia nel piccolo giardino sottostante della sede RAI, ma senza provocare danni alle persone.
La Mole con la guglia spezzata è visibile al termine dei titoli di testa del film del 1955 Le amiche di Michelangelo Antonioni.
Dal 1953 a oggi (167,5 metri)
I lavori di ricostruzione della guglia della Mole Antonelliana furono relativamente veloci (1955 – 1960), ma lo scheletro non fu più in sola muratura, bensì in armatura metallica rivestita di pietra, con numerosi rinforzi ai terrazzini circolari, e riportando l’altezza complessiva della guglia a quasi 165 m, senza stella. La nuova stella, ovvero quella attuale, fu più piccola, con un diametro di 2,4 metri[9], non più a cinque punte, bensì tridimensionale, a 12 punte, sorretta da un’asta metallica di circa 1 metro. Tutti i lavori (compresa la stella), furono guidati dall’Ing. Giuseppe Perottino, presso la ditta SNOS di Savigliano, tra il maggio e il novembre 1960. La nuova stella fu rinforzata rispetto alla prima, costituita da una lega metallica di acciaio-alluminio (fu aggiunto anche un piccolo impianto elettrico antifulmine pochi anni dopo). Terminata la guglia alla fine del 1960, per l’inaugurazione si attese il giorno 31 gennaio 1961, in concomitanza di una serie di cerimonie per il centenario dell’Unità d’Italia. Il nuovo progetto d’illuminazione notturna fu realizzato dall’ing. Guido Chiarelli, compreso il posizionamento, ancora esistente, di due fanalini rossi per lato, in cima, posizionati appena sotto la stella.
Nel 1964, fu anche progettato e costruito il primo ascensore per turisti per giungere fino al Tempietto, dal quale si gode tutta la vista panoramica sui quattro punti cardinali. Per motivi di sicurezza, fu chiuso l’accesso alle strette scalette a zig-zag per salire dentro la guglia e, qualche decennio dopo, furono altresì installate delle sbarre di protezione al balcone del Tempietto per evitare incidenti o tentativi di suicidio da parte di mitomani.
Museo del Cinema
Durante i successivi lavori di consolidamento, fu deciso di stabilizzarne l’interno con enormi archi di cemento, che però snaturavano completamente l’interno dando uno sgradevole senso di claustrofobia.
Se il primo ascensore interno fu costruito nel 1964, nel 1987, anno della fine della ristrutturazione dell’edificio, fu costruito un secondo impianto, questo attivo fino al 1996, quando la Mole venne ripensata come una sede permanente del Museo Nazionale del Cinema. L’attuale ascensore, gestito dal GTT entrò in funzione nel 2000, dotato di pareti laterali totalmente trasparenti, in cristallo di sicurezza, ed è sollevato mediante 4 funi in acciaio che scorrono su guide che garantiscono l’assenza di oscillazioni durante la risalita. La corsa della cabina si compie in circa 1 minuto, alla velocità di circa 1,5 m/s (5,4 km/h); si arriva al primo livello terrazzato, a 85 metri, il famoso Tempietto.
Dopo 4 anni 1996-2000 di chiusura per ristrutturazione, necessari sia per rinnovare l’ascensore che per eliminare parte degli archi di sostegno in cemento, la Mole diventò la sede permanente del Museo Nazionale del Cinema, che ad oggi ospita reperti quali macchine ottiche pre-cinematografiche, lanterne magiche e pezzi provenienti dai set cinematografici dei primi film italiani e no, in un allestimento alquanto suggestivo.
Dal 1998, in occasione della ridefinizione dell’illuminazione esterna e della nascita della manifestazione “Luci d’Artista”, sul fianco sud della Mole si può vedere un’installazione di Mario Merz, Il volo dei numeri, con l’inizio della serie matematica di Fibonacci che s’innalza al cielo. Alla sera, si illumina di rosso, durante particolari eventi o periodi di festeggiamenti della città.
Nel 2011 poi, in occasione del centocinquantenario dell’Unità d’Italia, fu posto un tricolore italiano illuminato, costituito da tre quadrati verde-bianco-rosso asimmetrici tutt’intorno, immediatamente sopra il Tempietto, progettato da Italo Lupi, Ico Migliore e Mara Servettoche. Il tricolore fu acceso simbolicamente dal presidente della Repubblica Italiana Giorgio Napolitano da Roma, per l’apertura ufficiale delle celebrazioni e fu poi rimosso nel 2013.
Influenza culturale
- Simbolo di Torino, anch’essa viene inserita nell’affascinante contesto dei monumenti misteriosi della città magica, per la bizzarra forma tra una pagoda allungata e una piramide, come fulcro di energie esoteriche, o semplicemente per la sua strana storia e le vicissitudini che ne hanno accompagnata la costruzione.
- All’interno della Mole Antonelliana è stata girata gran parte del film Dopo mezzanotte di Davide Ferrario, nel quale la Mole è una simbolica co-protagonista.
- Un disegno della Mole Antonelliana compare nella sigla di chiusura del lungometraggio di Hayao Miyazaki Porco Rosso.
- Una cartolina raffigurante lo skyline della città di Torino e quindi la Mole Antonelliana compare nelle prime scene del film Turistas (2006), di John Stockwell.
- Con l’ingresso della moneta unica dell’Euro, nel 2002 la Zecca di Stato italiana coniò erroneamente il retro di un centinaio di monete da un centesimo con la Mole Antonelliana (che invece andava correttamente su quelle da 2 centesimi), anziché il noto monumento di Castel del Monte, in Puglia. Ognuna di queste errate monete è stata valutata dai numismatici più di 2500 euro; la stessa Mole fu ripresa nel logo dei XX Giochi olimpici invernali 2006, che mostra la sagoma della Mole stilizzata con cristalli di ghiaccio bianchi e azzurri, neve e cielo, che formano una rete, simbolo dello spirito olimpico (un altro simbolo, più classico e meno stilizzato, è stato presentato durante la candidatura). Sempre in occasione delle Olimpiadi invernali 2006fu coniato un 2 euro commemorativo, sul cui sfondo del verso compare la Mole, e fu altresì emesso un francobollo da 0,62 € che la raffigura.
Nel marzo-aprile 2016 l’amministrazione comunale di Torino ha deciso, dopo esplicita richiesta del Torino Football Club e dei suoi tifosi, che hanno raccolto circa 12.000 firme in appoggio, di illuminare la Mole di granata ogni 4 maggio, in onore del Grande Torino